Molestie tra fidanzati: non c'è petulanza in un rapporto affettivo con frequenti litigi telefonici.
A norma dell'art. 660 c.p., è punito chiunque rechi molestia o disturbo ad altri, per petulanza o per altro biasimevole motivo, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono.
In primo grado l'imputata era stata condannata, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la continuazione, alla pena condizionalmente sospesa di euro 100 di ammenda ed il beneficio della non menzione, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, per il reato di cui all'art. 81 cpv. e 660 cod. pen., per avere recato alla persona offesa molestie e disturbo, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, telefonando ed inviando SMS ripetutamente, anche in ora notturna.
Va precisato che l'imputata, all'epoca dei fatti, era in una relazione affettiva con la persona offesa: relazione che si caratterizzava, come è emerso nel corso del dibattimento, per i continui litigi telefonici tra i due.
Ad avviso del giudice del merito, la frequenza ed il rilevantissimo numero di messaggi dal contenuto offensivo inviati, in specie nei mesi di aprile, maggio e luglio 2010, dalla imputata alla persona offesa - come indicati dai testimoni e confortati dai tabulati prodotti dalla stessa imputata - deve far ritenere sussistente, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, il reato di molestie.
Invero, ad avviso del giudicante, i messaggi inviati dalla persona offesa all'imputata erano di tenore diverso e caratterizzati da minore ripetitività, escludendo, in ogni caso, la reciprocità delle molestie, tale da contraddire la petulanza, perché i messaggi della persona offesa, per come emergeva dai tabulati prodotti dalla difesa, non erano contestuali.
La Corte di Cassazione, diversamente opinando, annulla la sentenza così come motivata, affermando che, indipendentemente dalla contestualità delle reciproche telefonate e dei messaggi inviati, la accertata sussistenza di una relazione tra la ricorrente e la persona offesa, caratterizzata proprio dai continui e costanti contatti telefonici con frequenti litigi esclude la petulanza e, soprattutto, la interferenza indebita nella sfera di libertà della persona offesa attraverso le telefonate e gli sms in contestazione
CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che, tenuto conto delle sospensioni, non è decorso il termine di prescrizione, il ricorso è fondato.
Invero, colgono nel segno le censure della ricorrente quanto alla configurabilità del reato contestato, sotto il profilo della insussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo.
Come è noto, nella contravvenzione di cui all'art. 660 cod. pen. l'illiceità penale del fatto è subordinata alla petulanza o altro biasimevole motivo e alla volontà dell'agente di interferire inopportunamente nell'altrui sfera di libertà.
La petulanza si sostanzia in un atteggiamento di insistenza fastidiosa, arrogante invadenza, intromissione inopportuna e continua; il biasimevole motivo, pur diverso dalla petulanza, è ugualmente riprovevole in se stesso o in relazione alla persona molestata.
La sussistenza di detti presupposti va verificata in concreto con riferimento all'elemento costitutivo che connota la condotta del reo che deve essere, appunto, realizzata per petulanza o altro biasimevole motivo, condizione esclusa nel caso di reciprocità ovvero di ritorsione delle molestie (Sez. 1, n. 26303 del 06/05/2004, Pirastru).
Nel caso di specie il giudice ha dato atto della circostanza accertata che in quel periodo era in atto tra l'imputata e la persona offesa una travagliata e burrascosa relazione sentimentale e che vi erano tra loro contrasti e litigi che, per quanto rappresentato dalla persona offesa, avvenivano essenzialmente a mezzo del telefono. E' risultato anche accertato che in altre occasioni il Terenziani aveva tentato di contattare la Carlucci nonostante il rifiuto di quest'ultima e nella sentenza impugnata è stato indicato che la stessa persona offesa ha affermato che ai litigi telefonici seguivano gli sms ingiuriosi della Carlucci.
Pertanto, indipendentemente dalla contestualità delle reciproche telefonate e dei messaggi inviati, la accertata sussistenza di una relazione tra la ricorrente e la persona offesa, caratterizzata proprio dai continui e costanti contatti telefonici con frequenti litigi esclude la petulanza e, soprattutto, la interferenza indebita nella sfera di libertà della persona offesa attraverso le telefonate e gli sms in contestazione.
Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Avv. Giuseppe Di Palo