Omessa tenuta di libri contabili: è bancarotta semplice se non si dimostra il dolo specifico.
Commento a Cass. Pen. n. 50098/15 (clicca per il download)
La Corte di Cassazione torna ad occuparsi degli elementi che differenziano la bancarotta documentale semplice da quella fraudolenta.
L'amministratore di una S.r.l., sin dalla nascita della società, non aveva mai tenuto la documentazione contabile obbligatoria. Dichiarato il fallimento della società e rilevata la grave inadempienza, il PM ha contestato all'amministratore il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
La Corte d'Appello, condividendo l'impostazione accusatoria del Pubblico Ministero, ha ritenuto che la condotta della mancata tenuta delle scritture contabili fosse da ricondurre al reato di bancarotta fraudolenta, atteso che per la configurazione di detto reato sarebbe sufficiente il dolo generico (vale a dire - nel caso di specie - la mera consapevolezza di non tenere le scritture, così da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio societario) e non anche il fine specifico richiamato dalla norma incriminatrice (art. 216 L. Fall.).
Occorre precisare che, su questo tema, gli indirizzi giurisprudenziali sono tutt'altro che pacifici. L'orientamento maggioritario, confermato da questa recente sentenza, ritiene che "ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta documentale, è sufficiente provare il dolo generico, consistente nella consapevolezza dell'agente che la confusa tenuta delle scritture contabili potrà rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio, non essendo invece necessario dimostrare il dolo specifico, ossia la specifica volontà di impedire tale ricostruzione" (Cass.Pen. Sent. Sez. 5 Num. 38447 Anno 2015).
Tuttavia, discostandosi dalla tesi maggioritaria, la stessa V sezione ha rilevato che, in realtà, "in tema di bancarotta documentale, qualora sia assente o insufficiente l'accertamento in ordine allo scopo eventualmente propostosi dall'agente ed in ordine alla oggettiva finalizzazione di tale carenza, la mera mancanza dei libri e delle scritture contabili deve essere ricondotta alla ipotesi criminosa di bancarotta semplice. Invero la bancarotta fraudolenta documentale, prevista dall'art. 216 comma primo, n. 2), I. fall., è un delitto doloso, mentre la bancarotta semplice è punibile indifferentemente a titolo di dolo o di colpa, per cui è superflua la indagine sulla efficacia causale dell'omessa o irregolare tenuta dei predetti documenti, che è punita per sè stessa, indipendentemente dalle conseguenze (Sez. 5, n. 10364 del 14/04/1999, Ragaldi, Rv. 215031). In altre parole, poiché l'omessa tenuta delle scritture contabili è, a livello oggettivo, espressamente sanzionata dall'art. 217, comma secondo, I. fall., essa può essere sussunta, nonostante l'assenza di una esplicita previsione, nella più grave fattispecie di cui all'art. 216, comma primo, n. 2, I. fall. solo se risulti assistita, non dal dolo generico, come erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, ma dal dolo specifico di realizzare un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, al pari delle condotte di sottrazione, distruzione o falsificazione di libri e scritture contabili (Sez. 5, n. 17084 del 09/12/2014 - dep. 23/04/2015, Caprara, Rv. 263242)".
Un nuovo mutamento di rotta, dunque, sicuramente garantista e nettamente più legato alla dato letterale della norma, da cui sembra discostarsi l'orientamento giurisprudenziale maggioritario.
Avv. Giuseppe Di Palo