Rubò il cibo perché aveva fame: per la Corte di Cassazione, il fatto non costituisce reato.

03.05.2016 12:05

"Ci hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane

ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame"

Così si esprimeva De Andrè nel famoso concept album "Storia di un impiegato" con la canzone dal titolo "Nella mia ora di libertà", asserendo, dunque, non solo la liceità ma anche la doverosità di un gesto di disobbedienza civile, laddove a quel gesto si fosse spinti dalla necessità di sopravvivere.

Ebbene, in larga parte la Corte di Cassazione, con la sentenza che qui si commenta, gli dà ragione.

L'imputato, persona straniera senza fissa dimora, si era impossessato di generi alimentari del valore di 4 euro. Nel porre in essere tale condotta, era stato notato da un cliente ed era stato immediatamente segnalato al personale che l'aveva bloccato, ottenendo la pronta restituzione dei beni.

Sinteticamente, lasciando sullo sfondo la questione "furto consumato/tentato" che pure viene -ancorché marginalmente- affrontata, preme segnalare che la Corte di Cassazione si è espressa nel senso che "la condizione dell'imputato e le circostanze in cui è avvenuto l'impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata ed imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità" e che, dunque, la sentenza di condanna sia meritevole di annullamento, perché il fatto commesso dall'imputato non costituisce reato.

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Avv. Giuseppe Di Palo