Posillipo, travolse con la smart i suoi rapinatori. La Cassazione tra omicidio volontario, colposo e preterintenzionale e l'attenuante provocazione.
Corte di Cassazione n. 16585/2016
Quello in commento è un caso che ha generato molto clamore, non solo a Napoli, luogo in cui si è verificato l'evento: infatti, la sequenza del "fatto" è stata immortalata, momento per momento, da varie telecamere di videosorveglianza, le cui immagini sono state utilizzate dagli inquirenti prima e dai giudicanti poi per il processo nei confronti dell'imputato. Quelle stesse immagini sono state pubblicate poco dopo l'accaduto dai mezzi di informazione nazionali, oltre che sui social networks.
IL FATTO
L'imputato è stato giudicato colpevole del reato omicidio volontario perché, alla guida di una autovettura Smart, postosi all’inseguimento del ciclomotore con a bordo due soggetti , riconosciuti come complici della rapina a mano armata subita poco prima mentre si trovava in compagnia della compagna, rapina che aveva fruttato ai rapinatori un telefono cellulare di marca, volontariamente cagionava un impatto col predetto ciclomotore cagionando la violenta caduta al suolo dei due trasportati i quali, per questo, subivano lesioni politraumatiche che ne cagionavano la morte.
A sostegno della decisione di condanna, i giudici di merito hanno posto, tra l'altro, proprio le immagini registrate dagli apparecchi di videosorveglianza installati nella zona, le dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti dall’imputato e dalla sua compagna, gli accertamenti di polizia eseguiti sui luoghi dell’impatto tra i due mezzi, gli esiti di intercettazioni ambientali presso la caserma dei CC..
Valutando siffatte acquisizioni istruttorie, i giudici di merito ricostruivano i fatti in questo modo:
- la notte del 10 agosto 2013 l’imputato e la sua compagna si intrattenevano in intimità presso un parco cittadino, quando subirono una rapina a mano armata da parte di due giovani, uno dei quali armato di pistola, rapina compendiatasi nella consegna ai malviventi di un cellulare di marca;
- i due giovani erano a bordo di un motociclo ed agivano mentre altri due giovani, a bordo di altro motociclo, fungevano da palo;
- la dinamica della rapina e le relative modalità sono quelle riferite dal prevenuto e dalla sua compagna e non hanno trovato altro riscontro;
- nel corso della stessa serata, poco dopo le 2,35, come attestato dalle varie telecamere di videosorveglianza poste sul tragitto, la autovettura Smart, poco dopo incrociava il motociclo con a bordo le due vittime, riconosciute dalla donna come quelle che avevano svolto funzioni di palo nella precedente rapina, ed eseguiva una immediata manovra di inversione di marcia ponendosi all’inseguimento del motociclo detto;
- l’inseguimento si protraeva per circa tre chilometri e le varie telecamere poste sulla strada percorsa dai due veicoli mostrano il lento ma continuo avvicinarsi della Smart al motociclo; alle 2,39 l’ennesima telecamera di videosorveglianza, quella a servizio di un supermercato, riprendeva l’impatto tra i due mezzi;
- in particolare, secondo avviso dei giudicanti, subito dopo una curva la smart, senza attivare manovre di frenata, investiva da dietro lo scooter determinando lo sbalzo dei due giovani e del mezzo stesso contro le pareti perimetrali dell’edificio delimitante la curva.
Sulla base di questa ricostruzione di fatto il GUP (al quale era stato richiesto di definire il procedimento nelle forme del rito abbreviato) ha ritenuto sussistente l’ipotesi dell’omicidio volontario sorretto da dolo eventuale.
Questa decisione, ritenuta meritevole di censura dalla difesa dell'imputato, è stata impugnata innanzi la Corte d'Assise d'Appello di Napoli, alla quale si è stato chiesto:
a) la derubricazione dell'ipotesi di omicidio volontario in omicidio colposo (nella forma di colpa cosciente) ovvero in quella dell'omicidio preterintenzionale; decisione impugnata dalla difesa dell’imputato, che al giudice di appello chiedeva: la derubricazione dell’ipotesi contestata in quella dell’omicidio colposo, nella forma della colpa cosciente, ovvero in quella dell’omicidio preterintenzionale;
b) il riconoscimento dell’attenuante della provocazione e delle attenuanti con giudizio di prevalenza e dunque la riduzione della pena anche alla luce dell’art. 599 c.p.p.;
c) la revoca della sospensione della potestà genitoriale.
La corte distrettuale, con la sentenza innanzi indicata, ha accolto il solo motivo relativo alla sospensione della potestà genitoriale, confermando nel resto, integralmente la sentenza impugnata.
Per ciò che qui interessa, rispetto alla questione giuridica principale posta dalla difesa e cioè sulla natura dell’elemento psicologico da riconoscere in capo all’imputato, tra il dolo eventuale, la colpa cosciente ovvero quello caratterizzante l’omicidio preterintenzionale, la Corte d'Assise d'Appello, condividendo l'impostazione del GUP ha confermato l'imputazione per omicidio volontario.
Secondo i Giudici di secondo grado, il punto dal quale partire per una esaustiva valutazione dei fatti di causa è la ragione dell’inseguimento, data dalla rapina subita dalla coppia a bordo della Smart e dal riconoscimento delle vittime nelle persone che a tale rapina avevano partecipato facendo da palo; questo giustificherebbe la reazione rabbiosa dell’imputato al momento di incrociare causalmente il motociclo con a bordo i due giovani, la repentina inversione di marcia e la "folle rincorsa" per circa tre chilometri; la elevata velocità dei due mezzi ed in particolare della Smart è attestata e provata dalle registrazioni delle apparecchiature di videosorveglianza incrociate lungo il tragitto.
Non solo. Il raptus in preda al quale l’imputato guidava l’autoveicolo è dimostrato, secondo l'impostazione dei Giudici dimerito, dalla velocità, ma anche dalle manovre spericolate eseguite per raggiungere gli inseguiti e dalla noncuranza del pericolo al quale esponeva se stesso e la compagna in attesa di un secondo figlio.
Ai fini della ricostruzione della volontà dell’imputato al momento dell’impatto, va rilevato che il M. era da solo e che gli inseguiti erano in due e potevano essere armati.
Ebbene, solo la volontà di tamponare gli inseguiti, seguendo il ragionamento della Corte d'Assise d'Appello, può giustificare quella folle corsa: per quale ragione infatti l’imputato avrebbe dovuto inseguire le vittime, in superiorità numerica e potenzialmente armati, ponendo in pericolo la sua vita e quella della compagna?
I Giudici evidenziano infatti che, seguendo le immagini dell’incidente, l’imputato non avrebbe fatto nulla per evitare l’impatto e che, anzi, l'avrebbe addirittura cercato: l’imputato avrebbe perciò impattato lo scooter con a bordo le due vittime volontariamente, circostanza che evidenzia il dolo eventuale della sua condotta in riferimento all’evento morte cagionato.
Ne deriva, perciò, che non sarebbero riconoscibili nella fattispecie i requisiti né dell’omicidio colposo caratterizzato da colpa cosciente, né quelli dell’omicidio preterintenzionale; nella colpa con previsione si persegue un risultato confidando che la condotta, per la perizia dell’agente, non cagioni l’evento non voluto; nel caso di specie l’imputato ha invece voluto l’impatto e questo esclude l’ipotesi di un incidente per colpa; per le stesse ragioni non è ipotizzabile un evento prodottosi oltre l’intenzione secondo i moduli del reato preterintenzionale.
I MOTIVI DI RICORSO (per quanto qui rileva)
Con un primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi dei due difensori dell'imputato, i due difensori denunciano violazione degli artt. 575, 42, 43 e 589 c.p., in particolare osservando che la qualificazione in termini di omicidio volontario psicologicamente caratterizzato da dolo eventuale, sostenuta dai giudici di merito di primo e secondo grado, è errata e non è coerente con gli accertamenti acquisiti al processo; anche nella colpa cosciente infatti l’agente si rappresenta l’evento, ma quello che rileva rispetto ad esso è il dato volitivo e cioè se quell’evento l’agente lo ha voluto o meno; nel primo caso vi è l’accettazione del rischio dell’evento medesimo, nel secondo caso la certezza di non cagionarlo.
Ad avviso dei difensori dell'imputato, infatti, diversamente da quanto opinato dai giudici territoriali, l’inseguimento a forte velocità non dimostra affatto una volontà di uccidere, ma semplicemente la consapevolezza di poter governare l’automezzo attese le condizioni di tempo e di luogo favorevoli ed un traffico assai scarso.
Ciò posto, rimarrebbe, comunque, il ragionevole dubbio sulla configurabilità del dolo eventuale, dubbio da risolvere in favore dell’imputato; questi, infatti, per i suoi difensori intendeva recuperare la refurtiva e consegnare i suoi rapinatori alla giustizia
Con un altro motivo di impugnazione, viene denunciata ancora la violazione degli artt. 575, 42, 43 e 584 c.p., sul rilievo che, nella fattispecie, va riconosciuta la ricorrenza di una ipotesi di omicidio preterintenzionale: l'imputato, al più, intendeva dare una lezione ai due giovani inseguiti e non certo cagionarne la morte; non casualmente il GIP della misura cautelare ha ipotizzato proprio tale ipotesi meno grave; inoltre l’inseguimento ben poteva essere finalizzato semplicemente a cagionare lesioni e ciò è assai più coerente con la personalità del prevenuto, incensurato e persona non violenta.
Ed ancora, si denuncia violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante della provocazione, illegittimamente negata, per i difensori, col richiamo ad una sproporzione tra fatto ingiusto, individuato nella sottrazione di un telefonino, e la reazione, cagione della morte di due giovani; al riguardo le difese osservano, per un verso, che non è la proporzionalità tra i termini detti il criterio fondante della attenuante in discorso, ma quello, assai diverso, dell’adeguatezza e che il fatto ingiusto subito dal M. e dalla sua compagna non può riduttivamente ricondursi alla semplice sottrazione di un telefonino, ma ad una rapina a mano armata portata a termine da quattro giovani, nel cuore della notte, in situazione di difficile autodifesa ed in danno, anche, della compagna incinta.
Questa, in generale, la vicenda in fatto ed i motivi di censura sollevati dai difensori dell'imputato.
LE OSSERVAZIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Rispetto ai motivi di ricorso con i quali si chiedeva la derubricazione del delitto (volontario) nel diverso delitto colposo o preterintenzionale, la Corte di Cassazione osserva che appare agevole osservare che hanno i giudici di merito, attraverso l’argomentata motivazione, non solo valorizzato la diretta documentazione videoregistrata della condotta imputata al prevenuto, ma hanno altresì considerato più d’uno dei criteri come innanzi indicati dalla citata sentenza delle ss.uu.. La sconsiderata manovra tenuta al momento dell’impatto (criterio sub a), la durata del folle inseguimento (criterio sub c), il comportamento successivo al fatto (si fa riferimento alla falsa rappresentazione degli accadimenti operata dall’imputato e dalla compagna davanti alle forze dell’ordine, rappresentazione modificata soltanto dopo la presa di coscienza che l’inseguimento era stato integralmente videoripreso, criterio sub e), l’elevata probabilità di verificazione dell’evento (criterio sub f) considerate le modalità della vicenda: la folle corsa, la curva stradale, l’utilizzo, da una parte, di un motociclo con uno dei due passeggeri non munito di casco e, dall’altra, di un automezzo) e la considerazione, infine, che l’imputato agì perseguendo l’obbiettivo di raggiungere le vittime con assoluta ed irremovibile determinazione (la sentenza parla, del tutto logicamente, sulla base delle acquisizioni processuali, di raptus rabbioso dell’imputato). Ne deriva, perciò, che sul punto, tutti i motivi di ricorso vadano rigettati.
La Corte, però, giudica fondato il terzo motivo sviluppato nei rispettivi ricorsi da entrambi i difensori in ordine al negato riconoscimento, in favore dell'imputato, dell’attenuante della provocazione.
Ed infatti, si osserva come a fronte di un secondo consolidato insegnamento, secondo il quale l'attenuante in parola ricorre quando ci si trovi in presenza di uno "stato d'ira" (costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il "fatto ingiusto altrui") di un fatto ingiusto altrui (che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale e di un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta, i giudici di merito hanno negato l’invocato riconoscimento osservando che ricorrerebbe una macroscopica sproporzione tra la morte di due giovani e la sottrazione di un cellulare.
Tale impostazione, secondo la Corte di Cassazione, appalesa una violazione di legge ed una chiara incongruenza motivazionale.
Ed infatti, sotto il profilo della violazione di legge, è illegittimo ed in contrasto con il costante insegnamento del giudice di legittimità il riferimento della corte di merito al criterio della proporzionalità, tenuto conto che una siffatta lettura ermeneutica contrasta col dettato normativo e con la essenza stessa dell’attenuante e considerato altresì che, una valutazione logica siffatta, escluderebbe in radice la ricorrenza della provocazione in ogni ipotesi di omicidio volontario. Ai fini del riconoscimento della disciplina di favore di cui all’art. 61 c.p., co. 1 n. 2 deve aversi riguardo invece al diverso criterio dell’adeguatezza, da al rapporto di causalità psicologica tra fatto ingiusto e reazione.
Quanto, invece, al profilo della incongruità motivazionale, si appalesa travisato e comunque ridimensionato oltre ragionevole limite il fatto ingiusto subito dall’imputato e dalla sua compagna. Nel caso di specie infatti non corrisponde alla realtà accertata nel processo inequivocabilmente, realtà non posta in dubbio dai giudici territoriali, che al M. ed alla sua compagna sia stato sottratto semplicemente un cellulare; l’imputato subì una rapina a mano armata consumata da quattro malviventi nel cuore della notte, in luogo isolato, presente la compagna di vita in stato di gravidanza, circostanze, queste appena indicate, alle quali non può ragionevolmente negarsi la riferibilità piena alla nozione giuridica di "fatto ingiusto" di cui alla norma di riferimento, l’art. 62 c.p., co. 1 n. 2).
Pertanto, con riferimento a quest'ultimo punto, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato gli atti alla Corte d'Assise d'appello per un nuovo giudizio con il quale, nel rispetto del dettato normativo così come superiormente interpretato e col sostegno di logica motivazione, si provveda a delibare se la reazione irata e rabbiosa dell’imputato all’aggressione proditoria ed a mano armata di cui innanzi, da giudicarsi in termini di oggettiva ed elevata iniquità, possa ritenersi "adeguata" ai sensi di legge ed inquadrabile ragionevolmente in un quadro di causalità psicologica e non di mera occasionalità e se tale delibazione consenta poi il riconoscimento nel caso di specie dell’attenuante della provocazione.