Omesso versamento IVA: la (non) valenza della delega di funzioni come scriminante del reato

06.02.2016 16:12

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 4621/16

Sebbene il rappresentante legale di una società abbia delegato un altro soggetto allo svolgimento di tutti gli adempimenti fiscali, ciò nondimeno egli dovrà rispondere degli omessi versamenti di IVA, laddove ricorrano anche i presupposti soggettivi del reato. Questo è quanto ha ribadito la Suprema Corte con il la sentenza che qui si riporta (e che può scaricarsi cliccando sul link poco sopra).

MASSIMA:

La Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza in esame, ha chiarito che "in tema di reati tributari, l'affidamento ad un terzo dell'incarico di predisporre la dichiarazione annuale dei redditi, sia esso un professionista ovvero un dirigente della impresa assoggettata all'imposizione tributaria, non esonera il soggetto che, per essere il legale rappresentante della società, è tenuto al versamento delle imposte in nome e per conto di quella, dalla responsabilità penale per il delitto di omesso versamento, in quanto, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere. La prova del dolo deve essere ancorata alla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi del fatto che il soggetto obbligato abbia omesso il versamento dell'imposta in questione, per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale, nella consapevolezza che la stessa fosse dovuta".

SENTENZA PER ESTESO:

 

RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Ancona ha confermato, con sentenza del 19 dicembre 2013, la pronunzia con la quale  il Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Jesi, aveva dichiarato la penale responsabilità di Martini  Gaetano, imputato per la violazione dell'art. 10-ter del dPR n. 74 del 2000, condannandolo, pertanto, alla pena di anni uno di reclusione, oltre alle sanzioni accessorie. Per l'annullamento di tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Martini, con l'assistenza dei propri difensori, affidandolo a tre motivi; col primo ha dedotto la inosservanza della legge penale nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata per avere la Corte territoriale ritenuto integrato, sotto il profilo oggettivo, il reato a lui contestato. Col secondo motivo è dedotta nuovamente la violazione di legge nonché il vizio di motivazione per avere la Corte territoriale omessi di verificare chi avesse sottoscritto la dichiarazione IVA di cui al capo di imputazione. Col terzo ed ultimo motivo è censurata la violazione di legge per avere la Corte territoriale attribuito il reato di cui in contestazione al Martini sebbene la società da lui rappresentata fosse diretta da un amministratore delegato il quale doveva provvedere, in luogo dell'imputato, allo svolgimento degli adempimenti fiscali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso proposto da Martini Gaetano è infondato. Osserva, infatti, la Corte, quanto al primo motivo di impugnazione, che la imputazione contestata al Martini attiene al mancato versamento entro i termini previsti dalla legge della imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione a tal fine presentata dallo stesso contribuente. Tanto premesso rileva la Corte che non ha cittadinanza di fronte a questa Corte il motivo di impugnazione avente ad oggetto la non dovutezza dell'imposta per non essere stato riscosso nell'anno di riferimento il prezzo del bene riguardato dalla fattura passiva emessa dalla società amministrata dal Martini; trattasi, a tacer d'altro, evidentemente di argomento di mero fatto, non più rilevabile in questa sede di legittimità.

Anche il secondo motivo di impugnazione - col quale è censurata la sentenza della Corte territoriale marchigiana, in relazione al mancato accertamento della paternità della sottoscrizione della dichiarazione IVA presentata dalla Salus Spa, della quale il Martini è il legale rappresentante, relativamente all'anno di imposta 2006 - coinvolge un accertamento di fatto,la cui contestazione è oramai preclusa nella presente fase di legittimità del giudizio.

Con riferimento al terzo motivo, col quale il ricorrente rivendica la erronea applicazione della legge penale in cui sarebbe incorso il giudice del gravame nel non avere rilevato che, essendo stato nominato presso la Salus Spa un amministratore delegato, la responsabilità per l'omesso versamento dell'IVA doveva essere attribuita a lui e non al ricorrente, ritiene questa Corte che l'assunto sul quale la censura si basa è fallace. Invero, questa Corte ha precisato che in tema di reati tributari, l'affidamento ad un terzo dell'incarico di predisporre la dichiarazione annuale dei redditi, sia esso un professionista ovvero un dirigente della impresa assoggettata all'imposizione tributaria, non esonera il soggetto che, per essere il legale rappresentante della società, è tenuto al versamento delle imposte in nome e per conto di quella, dalla responsabilità penale per il delitto di omesso versamento, in quanto, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere (Corte di cassazione, Sezione III penale, 8 marzo 2010, n. 9163); tuttavia, la prova del dolo di evasione non deriva dalla semplice violazione dell'obbligo di versamento né può essere ricondotta al concetto di culpa in vigilando sull'operato del terzo, posto che una siffatta impostazione trasformerebbe il rimprovero per l'atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo.

Essa deve essere ancorata alla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi del fatto che il soggetto obbligato abbia omesso il versamento dell'imposta in questione, per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale, nella consapevolezza che la stessa fosse dovuta. Nel caso in esame la Corte territoriale ha opportunamente evidenziato la circostanza che il Martini aveva personalmente partecipato alla vendita di un terreno ceduto dalla Salus Spa, di tal che egli era perfettamente consapevole, per effetto del compimento dell'affare di cui

sopra, dell'esistenza di un considerevole debito per IVA a carico della citata società e ciononostante, affidando alll'amministratore delegato l'incarico di provvedere al versamento, ha scientemente assunto il rischio che il soggetto di tanto incaricato omettesse di versare quanto dovuto all'Erario.

In definitiva, il ricorso proposto dal Martini deve essere rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali