La ludopatia ed il vizio parziale di mente.

03.11.2016 15:21

Nel caso in esame, l'imputato era chiamato a rispondere di una serie di truffe consumate in un arco temporale compreso tra il 25 luglio 2008 ed il 22 dicembre 2011 e realizzate mediante il fingersi agente assicurativo della Allianz Ras, proponendo false polizze assicurative e facendosi consegnare a titolo di premio le relative somme di denaro.
Ad avviso della difesa dell'imputato, la Corte di appello (che aveva sostanzialmente confermato la condanna inflitta in primo grado) non avrebbe tenuto in adeguata considerazione la patologia della quale è affetto l’imputato, al quale non è stata riconosciuta l’attenuante del vizio parziale di mente.

L'imputato, infatti, sarebbe affetto da ludopatia, ossia da un disturbo borderline della personalità riferibile all’incontenibile impulso al gioco d’azzardo, al punto che tutte le somme provento dei reati in contestazione sono state da lui utilizzate per assecondare il vizio del gioco e non per altri scopi personali.
Erroneamente la Corte di appello avrebbe quindi ritenuto l’inesistenza di un nesso di causalità tra tale disturbo ed i fatti oggetto delle imputazioni.
La patologia dello stesso, ad avviso della difesa dell'imputato, era divenuta grave già dal 2010 in conseguenza di una grossa vincita e, in effetti, ciò dimostrerebbe che vi sarebbe uno stretto collegamento tra le truffe ed il gioco d’azzardo patologico.
La tesi difensiva, tuttavia, non ha convinto i giudici della Cassazione.
Ed invero, richiamando le Sezioni Unite della Corte Suprema, la II Sezione ha chiarito che "Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, anche i "disturbi della personalità", che non sempre sono inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di "infermità", purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere o di volere, escludendola o scemandola grandemente, e a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale" (Sez. U, n. 9163 del 25/01/2005, Raso, Rv. 230317) e che tale regola è stata ritenuta in tempi più recenti applicabile anche al vizio del gioco d’azzardo (Sez. 1, n. 52951 del 25/06/2014, Guidi, Rv. 261339).
Tale principio di diritto deve essere anche letto nella prospettiva di principio di un'altra decisione della Corte di Cassazione, che ha escluso che il vizio del gioco di azzardo potesse comportare la diminuente del vizio parziale di mente in relazione al reato di rapina commesso da persona continuamente compulsata dall’esigenza di trovare denaro per poter far fronte ai debiti derivanti dalle frequenti giocate.

E ciò perché, tra la spinta psicologica compulsiva verso il gioco d'azzardo ed i reati commessi dall'imputato per procurarsi il denaro per soddisfarla deve sussistere un nesso di causalità. Il reato commesso dall'imputato deve essere, infatti, causalmente diretto a procurarsi il denaro in vista di una immediata occasione di gioco e non, viceversa, ma per rimediare agli effetti economici già prodotti dal vizio stesso.
 



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