I criteri per la disapplicazione delle norme in tema di prescrizione. (Sentenza Taricco)

03.11.2016 16:47

In attesa della sentenza della Corte Costituzionale, che deciderà se ed a quali condizioni il Giudice nazionale dovrà applicare i principi espressi dalla Corte di Giustizia con riferimento alla c.d. Sentenza Taricco, riportiamo di seguito i criteri individuati dalla Corte di Cassazione.

La Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, con sentenza emessa 1'8 settembre 2015 (causa C-105/14, Taricco), pronunziandosi sul rinvio pregiudiziale proposto, ai sensi dell'art. 267 TFUE, dal Gip del Tribunale di Cuneo con ordinanza del 17 gennaio 2014, in un procedimento penale riguardante reati in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) integranti il consueto schema della c.d. "frode carosello", ha statuito che: "Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell'articolo 160, ultimo comma, del codice penale, come modificato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, e dell'articolo 161 di tale codice - normativa che prevedeva, all'epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l'atto interruttivo verificatosi nell'ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale - è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall'articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nell'ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia all'articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, all'occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall'articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE."

I requisiti integranti l'illegittimità comunitaria per ineffettività della complessiva disciplina sanzionatoria delle frodi sotto il profilo dell'eccessiva brevità del termine prescrizionale complessivo a seguito di interruzione, sono, dunque:

1) la pendenza di un procedimento penale riguardante "frodi gravi" in materia di imposta sul valore aggiunto;

2) l'ineffettività delle sanzioni previste "in un numero considerevole di casi di frode grave" che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea.

La sentenza Taricco non determina tali requisiti nei loro esatti confini: tuttavia, agli stessi fanno analitico riferimento le ordinanze della Corte di Cassazione del 30 marzo 2016, n. 28346, e 31 marzo 2016, n. 33538.

Quanto al requisito della gravità della frode:

deve darsi rilievo alla quantità dell'imposta evasa e alle modalità attraverso le quali la frode è stata posta in essere, tenendo comunque presente che nel concetto di "frode" grave, suscettibile di ledere gli interessi finanziari dell'UE, devono ritenersi incluse, nella prospettiva dell'ordinamento penale italiano, non soltanto le fattispecie che contengono il requisito della fraudolenza nella descrizione della norma penale - come nel caso degli artt. 2, 3 e 11 del d.lgs. n. 74 del 2000 -, ma anche le altre fattispecie che, pur non richiamando espressamente tale connotato della condotta, siano dirette all'evasione dell'IVA. Diversamente opinando, si otterrebbe una irragionevole disparità di trattamento in relazione a condotte comunque poste in essere al medesimo fine illecito, ma, altresì, la considerazione che proprio nelle operazioni fraudolente più complesse ed articolate (come le c.d. frodi carosello), e dunque maggiormente insidiose per il bene giuridico tutelato, le singole condotte, astrattamente ascrivibili alla tipicità di fattispecie penali prive del requisito espresso della fraudolenza - soprattutto a quelle di cui agli artt. 5, 8, 10 ter d.lgs. 74/2000 -, rappresentano la modalità truffaldina dell'operazione; sarebbe intrinsecamente irragionevole disapplica re le norme viziate da "illegittimità comunitaria", in relazione alle sole fattispecie connotate dal requisito espresso della fraudolenza, e non disapplicarle nelle fattispecie - strettamente connesse sotto il profilo fattuale, ed indispensabili per la configurazione del meccanismo frodatorio - non connotate dal medesimo requisito.

Come rilevato nelle ordinanze di questa sezione sopra richiamate, a corroborare tale principio sovviene, oltre al richiamato profilo di irragionevolezza rilevante sotto il profilo fattuale, un ben più pregnante argomento interpretativo, rappresentato dalla definizione di "frode" rilevante nell'ordinamento sovranazionale: al riguardo, già l'art. 325 TFUE, richiamato dalla Corte di Lussemburgo quale norma di diritto primario fondante l'obbligo di disapplicazione, sancisce che "L'Unione e gli Stati membri combattono contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell'Unione (...)"; se, dunque, l'art. 325 TFUE rappresenta la base legale dell'obbligo di disapplicazione sancito dalla Corte di Giustizia, esso ha ad oggetto "la frode e le altre attività illegali".

E del resto, la Corte di Lussemburgo ha affermato il principio in discussione con riferimento ad una "frode carosello" nella quale erano contestate, altresì, fattispecie penali prive del requisito espresso della fraudolenza nella descrizione normativa. Inoltre, nella consapevolezza, che dovrebbe essere comune negli ordinamenti occidentali di civil law, che il linguaggio normativo, soprattutto nel diritto penale, delimita gli spazi di libertà, e dunque è essenziale nell'affermazione (e nelle diverse declinazioni) del principio di legalità, non può omettersi che la nozione di "frode" è specificamente definita dall'art. 1 della Convenzione PIF come "qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa (...) all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale [dell'Unione] o dei bilanci gestiti [dall'Unione] o per conto di ess[a]"; norma che viene richiamata dalla stessa sentenza Taricco a proposito dell'irrilevanza del fatto che VIVA non venga riscossa direttamente per conto dell'Unione (§ 41). L'ordinanza di questa sezione 30 marzo 2016, n. 28346, richiama anche, quale parametro di valutazione per la gravità della frode l'art. 2, par. 1, della Convenzione PIF (pure menzionata dalla sentenza Taricco, al § 6), che prevede: «Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all'articolo 1 nonché la complicità, l'istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte all'articolo 1, paragrafo 1, siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possono comportare l'estradizione, rimanendo inteso che dev'essere considerata frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a euro 50 000 [...j». Proprio per il particolare contesto di quell'ordinanza - pronunciata da questa sezione nell'ambito di un procedimento per una frode che aveva determinato «evasioni fiscali per milioni di euro» - il superamento dell'importo di euro 50.000,00 non può, però, essere ritenuto di per sé sufficiente, in mancanza di una precisa determinazione in tal senso da parte del giudice comunitario, a connotare la gravità della frode (argomento sostanzialmente condiviso anche dalla precedente Cass., sez. 4, 25 gennaio 2016, n. 7914).

Il più sicuro ancoraggio oggettivo per la determinazione della gravità della frode nell'ordinamento italiano è, invece, rappresentato dal complesso dei criteri per la determinazione della gravità del reato contenuti nel primo comma dell'art. 133 cod, pen., il quale fa riferimento, non solo alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa (n. 2), ma anche alla natura, alla specie, ai mezzi, all'oggetto, al tempo, al luogo e, più in generale, alle modalità dell'azione (n. 1), nonché all'elemento soggettivo (n. 3).

Ne consegue che, ove non si sia in presenza di un danno di rilevantissima gravità, quali quelli oggetto dei procedimenti in cui sono state pronunciate le sopra richiamate ordinanze di questa sezione, per milioni di euro, la gravità della frode deve essere desunta anche da ulteriori elementi, quali: l'organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l'utilizzazione di "cartiere" o società-schermo, l'interposizione di una pluralità di soggetti, la sistematicità delle operazioni fraudolente, la loro reiterazione nel tempo, la connessione con altri gravi reati, l'esistenza di un contesto associativo criminale. E il giudice dovrà valutare caso per caso la concreta valenza di tali elementi nella fattispecie al suo esame, essendo comunque sufficiente l'indicazione in motivazione di quelli ritenuti rilevanti in un senso o nell'altro.

 

Rispetto al "numero considerevole di casi di frode grave":

Parimenti indeterminato - come già evidenziato nelle ordinanze di questa sezione e nella sentenza Cass., sez. 4, 25 gennaio 2016, n. 7914, sopra richiamate - è il secondo requisito individuato dalla Corte di Giustizia per rendere obbligatoria la disapplicazione delle norme sul prolungamento del termine di prescrizione: la verifica, rimessa al giudice nazionale, dell'ineffettività delle sanzioni previste "in un numero considerevole di casi di frode grave" che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea. Si tratta di un requisito probabilmente più consono alle differenti esperienze ordinamentali di common law, che pure integrano, sovente in maniera significativa, la matrice culturale e giuridica della giurisdizione europea. Al riguardo va osservato che, ove si considerasse in astratto, ovvero con riferimento all'integralità dei procedimenti pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie italiane, esso implicherebbe una prognosi di natura statistica che esula dai limiti cognitivi e valutativi del giudice, e anche di questa Corte; a ciò ostando non soltanto l'assenza di dati statistici affidabili, ma soprattutto l'orizzonte conoscitivo del singolo giudice, necessariamente limitato, dal vigente sistema processuale, ai fatti di causa, ovvero ai fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e dai quali dipenda l'applicazione di norme processuali (art. 187 cod. proc. pen.) rilevanti nel singolo processo, e non già nella generalità degli altri processi. Escluso che possa altresì risolversi in una prognosi meramente empirica, fondata su soggettivismi di difficile verificabilità (in senso epistemologico), il requisito del "numero considerevole di casi di frode grave" non può che intendersi, in concreto, con riferimento alle fattispecie oggetto del singolo giudizio, potendosi ritenere sufficiente anche una singola frode solo qualora questa sia di rilevantissima gravità. Nell'applicare tale requisito nel caso concreto, il giudice dovrà, dunque, considerare il numero e la gravità dei diversi episodi di frode per i quali si procede, nonché il contesto complessivo e le ragioni di connessione fra gli stessi.